CARLO DE BAUBELA, PARROCO DI SAN ROCCOParroco interinale di Gorizia durante il primo conflitto mondiale
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Carlo de Baubela parroco di San Rocco in un periodo straordinariamente complesso
Dal maggio del 1895 il nuovo parroco di San Rocco era don Carlo de Baubela, nel 1897 iniziarono i lavori per attuare il tanto atteso completamento della facciata della chiesa che verrà benedetta nell’agosto del 1899 da mons. Luigi Tomsig Decano del Capitolo: “sulla facciata della chiesetta di San Rocco viene posizionata una statua del Santo Patrono eseguita in fino marmo di carrara con grande maestria. Specialmente il volto del santo è molto espressivo”. Anche a San Rocco si diede grande rilievo al Giubileo Imperiale (cinquant’anni di regno di Francesco Giuseppe I, agosto 1898) e come si legge dalle cronache “il Borgo si distingue per patriottismo e per attaccamento alla augusta persona di S. Maestà”. Ma i festeggiamenti furono interrotti immediatamente quando la popolazione venne a conoscenza che, il 10 settembre, l’Imperatrice Elisabetta era stata brutalmente assassinata. Il 17 settembre venne officiata una liturgia funebre “la chiesa era zeppa di devoti. Nei primi posti i bravi militi in congedo, i quali assistettero con contegno edificante alla sacra funzione”. Questi anni a cavallo del secolo furono anche segnati dalle polemiche fra la parte slovena e quella italiana: ogni occasione, anche la più futile, era valido motivo per scontri ideologici ai quali era legata spesso una gratuita violenza che sfociava anche in risse mortali. Il 1900 fu l’anno della visita dell’Imperatore alla città ma anche della Prima Messa a San Rocco di don Carlo Piciulin, ultimo sacerdote di antica origine sanroccara. Nel 1902 il Borgo venne illuminato a gas sostituendo l’antiquata illuminazione a petrolio e nel 1910 si aprì finalmente la via dei Lantieri così il Borgo poteva essere collegato alla piazza Sant’Antonio, il Borgo di San Rocco era finalmente collegato al centro della città. Lo studente serbo Gavrilo Prinčič oltre a mettere fine all’esistenza terrena dell’Arciduca Francesco Ferdinando e a sua moglie Sophia mandò in pezzi un mondo che già presentava gravi segni di decadenza. Molti giovani sanroccari vennero mandati a combattere su fronti lontani, la chiesa di San Rocco subì, come grande parte delle abitazioni cittadine, danni ingenti: il soffitto crollò totalmente e gli affreschi raffiguranti la vita di San Rocco andarono definitivamente perduti, la cantoria e l’archivio della corale furono distrutti e la quasi totalità degli antichi spartiti bruciati; anche l’archivio parrocchiale fu distrutto si salvarono solo i libri parrocchiali delle nascite e dei morti. Il 17 agosto del 1916 venne levato dalla chiesa il Santissimo e da quel momento i neonati del Borgo ricevettero il battesimo nella cappella dell’Immacolata mentre i matrimoni si celebravano nella chiesa dei frati Cappuccini. Nel gennaio del 1917 don Baubela fu chiamato a reggere, oltre quella di San Rocco, anche le altre tre parrocchie della città. Molti sanroccari (bambini e adulti) morirono vittime di granate sparate dai due eserciti, problema che persisterà anche dopo la fine della guerra a causa delle bombe inesplose. Da “L’idea del popolo” del 1 gennaio 1928 Mercoledì 28 dicembre fu portata alla sepoltura la salma del rev.mo mons. Carlo de Baubela, da 32 anni parroco di San Rocco. i funerali, semplici senza esteriore parata, riuscirono solennissimi per la partecipazione spontanea, cordiale, commossa di una vera folla di cristiani di ogni grado e condizione. I parrocchiani di S. Rocco rinnovarono nella luttuosa circostanza, con sensi ben diversi, il plebiscito di amore verso il loro parroco come si registrò un anno fa in occasione della sua Messa d’oro. Ai funerali furono presenti rappresentanze del Convitto san Luigi, che al defunto assieme ad altri volenterosi, deve la fondazione ed altre rappresentanze. Officiava il decano delle parrocchie urbane. Una magnifica corona di borghigiani i qauli avevano pure in animo di porre una lapide commemorativa nel tempio. Numeroso clero e il capitolo parteciparono ai funerali. Il coro di S. Rocco alternava con il clero il “Miserere” ed al camposanto eseguiva un coro commovente. Seguivano il feretro la sorella Luigia, il podestà Bombi ed i consiglieri Ciani e Ussai. Il Principe Arcivescovo assisteva in chiesa alle esequie. Mons. Baubela fondò nel 1885 il Convitto San Luigi che dieci anni dopo passò ai Salesiani. Fu assistente zelante della Società San Vincenzo de’ Paoli. Per quel che riguarda la beneficenza privata è noto come nessuno bussasse inutilmente alla sua porta. Insuperabile il bisogno che egli sentiva di beneficare. Aiutò la stampa cattolica e fu socio attivo dell’Unione Sacerdoti Italiani. Al capezzale alla sorella disse poc’anzi alla morte: “Provvedi alla celebrazione di alcune messe subito dopo la mia morte; a te lascio i poveri”. Martedì 12 ottobre 1926 mons. Baubela celebra il 50° di vita sacerdotale. Egli si distinse in modo speciale nell’esercizio della carità e della beneficenza, virtù tradizionali della sua famiglia. 32 anni di sacrifici, lavoro incessante, pietà ed aiuto per i poveri, sofferenti, colpevoli e moribondi. L’opera del suo ministero fra i fischi delle granate, sulla sponda del mar Ligure, il ritorno al suo gregge disperso che riunì in chiesa ancora scoperta il 16 agosto 1923: fu una scena indimenticabile, fra una pioggia torrenziale si cantò il Te Deum. Egli ha sacrificato ogni suo avere per la ricostruzione della chiesa e i parrocchiani donarono il lastricato tempio. In occasione del 50° di Messa, i parrocchiani furono prodighi di doni del proprio lavoro e si adoperarno per gli addobbi con alberi e fiori. La sera della vigilia furono lanciati razzi. Alla messa giubilare mons. Baubela era assistito dai borghigiani don Piciulin e don Bisiach, da mons. Castellitz, da don Volani e da don Cigoi cooperatore. I noti cantori sanroccari cantarono la “Messa Immacolata Concezione” di Gruber diretta dal m.o Emilio Comel. Don Piciulin, uin friulano, augurò al parroco ogni bene, interprete di tutti i presenti. “Evviva il sior Plevan” si gridava duranta il corteo dalla canonica alla chiesa e viceversa, presente una gran folla di cittadini. Fra il gennaio e l’ottobre 1917 don Carlo de Baubela fu chiamato a reggere oltre alla propria parrocchia anche le altre tre parrocchie in cui ecclesiasticamente era divisa allora Gorizia. Tutto ciò poiché il 27 luglio del 1915 l’Arcivescovo mons. Francesco Borgia Sedej, su sollecitazione dei comandi militari, aveva abbandonato la sua residenza (nelle cui vicinanze erano cadute centinaia di granate italiane) e la città: dopo alcune soste a Vipacco e Rauna (paese vicino a Circhina luogo natale del presule) fece definitivamente sosta, insieme agli studenti del seminario, presso il monastero cistercense di Zatičina (Stična – Sittich) nella bassa Carniola. Mons. Sedej (che farà ritorno in città solo nella primavera del 1918) nominò prima mons. Francesco Castelliz Direttore dell’Ordinario, ma questi lasciò la città al momento dell’entrata delle truppe italiane in città, l’8 agosto del 1916, e poi il 7 dicembre dello stesso anno il Vicario Foraneo per tutte le parrocchie del Friuli e del Collio mons. Giuseppe Peteani, parroco decano di Cormòns, comunicò a Carlo de Baubela la nomina a “curato interinale di tutte le parrocchie della città di Gorizia e rappresentante degli interessi del Capitolo della Metropolitana e dei Seminari Arcivescovili, concedendo ad un tempo tutte le facoltà di cui godono i decani nell’Arcidiocesi di Gorizia stessa per ciò che riguarda gli effetti canonici”. Inizialmente il Baubela non voleva accettare in quanto l’età avanzata (era nato a Villa Vicentina il 31 gennaio del 1852) non gli avrebbe consentito più la lucidità mentale per fare fronte alle gravi necessità del momento. Il 21 gennaio del 1917 però accettò l’incarico ma pose come condizione indispensabile che venisse lasciata al cappellano militare di Gorizia, don Otello Tamburini, la custodia degli edifici e dell’oggettistica ecclesiastica in modo da potersi dedicare totalmente alla cura pastorale dei fedeli. L’autorità ecclesiastica gli garantì che tali richieste sarebbero state prese in considerazione ma ciò non avvenne e don Baubela dovette farsi carico dei beni della chiesa goriziana. Oltre all’attività ordinaria di parroco di San Rocco e di custode delle strutture ecclesiastiche cittadine don Baubela riceveva continue richieste di informazioni, dal Friuli e da Roma, su goriziani che risultavano scomparsi o dispersi o anche notizie sullo stato di conservazione di beni immobili abbandonati a causa della guerra. L’8 maggio del 1917 divenne confessore delle Madri Orsoline nel Monastero dove era già stato cappellano dal 1876 al 1907, ma l’attività che lo vedeva maggiormente impegnato era la celebrazione di numerosi funerali di persone vittime di granate sparate dai due eserciti in conflitto, nella maggioranza delle situazioni si trattava di bambini che trovavano la morte “giocando” per “l’esplosione di granata a mano”. Il Baubela si trovò a celebrare anche le esequie di alcuni condannati a morte come il venditore di frutta “Kravos Emilio di Carlo, nato a Gorizia nel 1880, venne fucilato dagli austriaci in via Blaserna attigua alla Vertoibiza et ivi sepolti”. La situazione degli sfollati era molto critica in quanto molti goriziani per mettersi al sicuro dovettero raggiungere paesi lontani e così il governo centrale italiano si fece promotore di una serie di contatti tra la Croce Rossa Italiana e quella austriaca per permettere lo scambio di notizie tra gli evacuati; proprio grazie al lavoro di don Baubela fu possibile ricostruire la dinamica della diaspora di decine di famiglie goriziane. Il 17 ottobre del 1917, a pochi mesi dall’inizio del suo mandato, le truppe Austriache sfondarono le posizioni italiane presso Caporetto e dilagarono nella pianura friulana: don Baubela, il 24 dello stesso mese, si vide costretto a lasciare la città e a trovare rifugio a Viareggio, dove risiederà fino all’aprile del 1918. |