“Che il giorno edetto di San Roccho non si debba ballare, ne fare alcuna festa temporale, ma sibene star in devozione, come si conviene a buoni cristiani”
Con la festa di San Rocco alle porte (16 agosto) mi piace ricordare che il 27 giugno 1602 il Patriarca di Aquileia Francesco Barbaro istituiva con una bergamina, ben conservata nell’Archivio Storico Provinciale, la confraternita di San Rocco nell’omonima chiesa cittadina. Particolarità molto significative del documento sono la firma autografa del Patriarca e l’uso dell’italiano anziché del latino, per farsi meglio comprendere dai fedeli. Oltre alle norme di nomina del “Cameraro” che doveva essere eletto ogni anno il giorno di San Rocco, a quelle proprie di comportamento e di linguaggio “Che nessuno delli fratelli quando saran congregati a far il Cameraro habbi ardimento a dir parole disoneste, ne biastemare biastema alcuna sotto pena di sol.20 per cadauna volta” e ai precetti di carattere amministrativo “Che il cameraro non possi alienare alcun bene stabile senza saputa del consesso, et licenza nostra, o del vicario nostro”, nel suddetto documento sono rintracciabili anche prescrizioni squisitamente religiose come il confessarsi e comunicarsi ogni anno a Natale, a Pasqua, a Pentecoste e alla festività di S. Rocco. Ma la regola che più colpisce è l’ultima e riguarda propriamente il giorno della festa “Che il giorno edetto di San Roccho non si debba ballare, ne fare alcuna festa temporale, ma sibene star in devozione, come si conviene a buoni cristiani”. Con queste parole si può desumere che la festa da ballo (quella che oggi chiamiamo sagra), legata al santo di Montpellier, fosse già ben radicata nel borgo Goriziano, ma, come indica chiaramente il documento patriarcale, il giorno di san Rocco doveva essere dedicato totalmente alla spiritualità mentre i giorni a seguire erano destinati ai festeggiamenti. Ciò lo aveva altresì desunto Carlo de Morelli nella sua Istoria della Contea di Gorizia, infatti in una pergamena dell’agosto del 1500 si documenta che Pietro Carlo Vescovo di Caorle, Vicario del Patriarca Domenico Grimani, consacrò l’altare maggiore della piccola cappella di S. Rocco presso Gorizia, a conclusione di questo giorno memorabile per l’antico Borgo ci fu una piccola sagra di ballo. Un ulteriore documento del 23 agosto 1637 attesta che il Vescovo di Trieste Pompeo Coronini consacrò l’altare maggiore della chiesa e proprio da questa data si può far iniziare, con assoluta certezza, la tradizionale sagra del borgo di San Rocco che non sarà mai disgiunta dai festeggiamenti legati al Santo Patrono.
Queste tre antiche testimonianze scritte ci tramandano quanto fosse forte il legame della comunità con il santo francese e a cinquecento anni di distanza possiamo affermare che ancora oggi i segni visibili e trascendenti lasciati da “Rocco il Rosso” tracciano la fisionomia di un Borgo antico.
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