L'approssimarsi della Pasqua offre la piacevole occasione di ricordare le tradizioni, usanze e riti, che nella nostra città come nei nostri paesi si ripetono dai tempi lontani in maniera uniforme, salvo qualche fantasiosa variante.
L'unità della celebrazione della Pasqua in tutto il mondo cristiano venne raggiunta alla fine dell'VIII secolo: la festività religiosa è derivata da quella ebraica, della quale ci è rimasto l'uso di mangiare l'agnello o il capretto, a sua volta derivata da antichi riti pagani di popoli nomadi e pastori, dei quali ci sono rimasti l'uso delle uova colorate e quello più remoto delle rogazioni.
Preceduta da un periodo di grandi preparativi come la pulizia delle case, la tintura delle uova, fatta a seconda delle zone, con bucce di cipolla, fondi di caffè, foglie di ortica o con coloranti artificiali, o la confezione di dolci che mobilitava tutte le donne della casa, quella della Pasqua era ed è una settimana di funzioni, processioni, digiuni e grandi mangiate.
Essa ha inizio la Domenica delle Palme con la benedizione dei ramoscelli d'ulivo, che a Gorizia vengono conservati da un anno all'altro, mentre ad Aquileia vengono bruciati in caso di temporali: prosegue con il giovedì dedicato a lavori particolari, in Friuli si usava in tale giorno piantare le viti; e il venerdì Santo, giorno in cui le campane restavano mute ed il loro suono veniva sostituito dal rumore delle raganelle dette scarazzole o batacui ecc. Giornate di digiuno ma non di astinenza completa.
A Gorizia, come si usa ancora, il pomeriggio di venerdì veniva dedicato alla visita di 7 sepolcri, preparati nelle varie chiese, mentre un tempo il pranzo consisteva in pasta condita con sardelle salate, sciolte nell'olio e insaporite con qualche foglia di rosmarino, o da una minestra di fagioli servita con una cucchiaiata di sardelle salate e cipolla cruda, messe a macerare nell'olio e aceto qualche ora prima. Invece i notabili della città erano invitati a mangiare il baccalà dai Padri Francescani della Castagnevizza ed i nobili dai Cappuccini. Il sabato veniva atteso, con grande ansia, il suono delle campane e ai primi rintocchi tutti correvano a lavarsi la faccia ai ruscelli, fontane, secchi d'acqua, convinti che ciò servisse a lavare tutti i peccati.
Era una giornata molto importante per le processioni del Resurrexit , che erano accompagnate da bande e per l'occasione le finestre delle case erano illuminate da candele e così pure i balconi.
Infine arrivava il gran giorno, la Domenica di Pasqua! Il popolo, tutto vestito a nuovo, andava alla Santa Messa, portando in cesti o su tavole coperte da tovaglioli immacolati, pinze, gubane, titole, uova colombe perché fossero benedette, mentre nelle case più importanti il sacerdote andava personalmente a dare la benedizione a tutta la roba messa a bella mostra sulle tavole. Il pranzo pasquale goriziano era piuttosto ricco; prosciutto di praga cotto nel pane, capretto, agnello, «piduz e ciavuz». «fule» che erano bollite nell'acqua in cui era cotto il prosciutto crudo di montagna (Gargaro o San Daniele del Carso) perché più saporito, pinze, gubane, pan sporch, e naturalmente tutte le verdure di cui Gorizia andava sempre famosa.
A metà mattina di quel giorno tanto importante erano anche riservati dei giochi particolari. i bambini andavano nei giardini o nelle corti con dei piccoli cestelli a cercare le uova colorate, nascoste nei cespugli, qualche volta con lieta sorpresa veniva trovato anche un piccolo coniglio bianco legato ad una cordicella. Nel pomeriggio, venivano fatti i giuochi con le uova colorate consistenti nel colpire con una moneta le uova.
La Pasquetta veniva festeggiata con delle scampagnate, a cui partecipavano interi gruppi famigliari e allegre brigate di amici, portando appresso cesti forniti di ogni ben di Dio. I goriziani si recavano in Campagnuzza , al monte San Quarin a Cormons; oppure vicino lo Judrio perché dicevano che lì si sentiva un'altra aria. I cibi tradizionali vengono ancora preparati in molte famiglie goriziane, e qualche volta ciò desta meraviglia dati i tempi tanto cambiati e le donne che quasi tutte lavorano fuori di casa.
Ma certe usanze tanto radicate non si dimenticano e perciò ci sono ancora tante famiglie che con sacrifici di tempo e denaro riescono a dare ai loro figli e famigliari un'atmosfera serena, una festa intima e gioiosa, da ricordare anche in futuro, queste Pasque di tempi nuovi e nello stesso immutati.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
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