La professoressa Cecilia Seghizzi compie oggi 5 settembre 2019 i suoi primi 111 anni. Di anno in anno continua a sorprendere tutti per la sua straordinaria vitalità e voglia di vivere, infatti sembra ieri quando, nel 2008, con il suo sorriso accattivante salutava e accoglieva le centinaia di ospiti il giorno del centesimo genetliaco all'inaugurazione della sua mostra personale "Alla Bottega" di via Nizza. Non è mai elegante dire l’età di una signora ma in questo caso l’eccezionale figura della professoressa Seghizzi ci concede una deroga, in quanto la sua vita è dimostrazione di quella gorizianità più pura e nobile che deve far riflettere e inorgoglire.
La professoressa continua a segnare record su record infatti dopo aver guidato l'automobile fino a 101 anni, aver imparato ad usare il cellulare e le mail a 103, suonato il violino fino a 105 e dipinto fino a 108 anni, oggi ricorda anche i 90 anni dal diploma in violino ottenuto con il massimo dei voti nel 1929.
L’indole curiosa e serena l’ha accompagnata durante tutta la sua lunghissima esistenza e ciò è ben chiaro sui pentagrammi e sulle tele: con tratto nitido e leggero si è dedicata all’acquerello (oggi anche all’olio) e sia nella musica sia nella pittura vengono alla luce la sua voglia di esprimersi e di improvvisare, la ricerca di effetti luministici e l’agilità del tratto. Musica e pittura convergono in un fuoco virtuale, in un’esuberanza tutta giovanile e nella capacità di conservare intatti lo stupore e l’entusiasmo. Le composizioni di Cecilia Seghizzi, come i suoi acquerelli, sono una lente limpida: promettono un mondo migliore, più ricco di colore, di leggerezza, di fantasia. Cecilia Seghizzi è figlia del grande e mai dimenticato organista, compositore e direttore di coro e d’orchestra Augusto Cesare Seghizzi (1873 – 1933). Al rientro da Wagna di Leibnitz Augusto Cesare iscriveva la figlia alla scuola di musica nella classe di violino del professor Lucarini, una decina di anni dopo si sarebbe brillantemente diplomata al Conservatorio “G. Verdi” di Milano. Si è dedicata fin da subito all’insegnamento, prima alla scuola di musica, poi all’Istituto magistrale e infine alla scuola media. Nella sua continua ricerca e crescita culturale decise di continuare gli studi e si diplomò anche in composizione al Conservatorio “G.Tartini” di Trieste sotto la guida del professor Vito Levi. A lei si deve la fondazione del Complesso Polifonico Goriziano, che oggi porta il suo nome, e con il quale vinse già nel 1953 il primo premio al Concorso Polifonico Nazionale di Brescia e negli anni successivi tenne prestigiosi concerti e registrazioni a Milano, Venezia, Trieste e Udine. Nel campo della composizione lo stile ineguagliabile di Cecilia Seghizzi e già ben presente in “Luna” del 1948, infatti, l’indole curiosa, a tratti bizzarra e stravagante, ma sempre poetica, domina la struttura; come nella tecnica pittorica dell’acquerello così nella musica lei abbozza con rapidità sul pentagramma l’idea che le è apparsa per la prima volta e successivamente vi adatta le forme e i colori. Le sue composizioni saranno destinate sia alla musica strumentale, di ascolto complesso, “Quartetto” del 1961, “Divertimento” per violino e pianoforte del 1982, “Concertino” per archi, flauto e clarinetto del 1981 e “Valzer” per violino o flauto e pianoforte del 1984, sia alla musica vocale nella quale prevale la scelta di testi di autori gradesi, friulani e triestini, ma senza mai legare lo stile musicale a particolari cadenze popolari. Un sodalizio che durerà per oltre cinquant’anni è quello con il poeta Biagio Marin, invece per la poesia friulana è certamente da richiamare alla memoria “Lejenda” del 1996, scritto per il centenario della Cassa Rurale di Capriva, nel quale interpreta con assoluta sensibilità l’intensa espressione dei versi di Celso Macor. Si dedicherà anche alla musica sacra ma in modo assai circoscritto: la “Messe cul popul” del 1988, il “Pari Nestri” del 1989, l’“Ave Maria” e la “Messa breve” del 1990. In ogni caso si tratta di composizioni adatte per usi parrocchiali, confacenti al raccoglimento spirituale delle piccole cappelle di campagna piuttosto che alle grandi cattedrali.
Per quanto concerne il suo dipingere Cecilia Seghizzi compare sulla scena cittadina già nel 1975, con alcune mostre personali che si susseguono con regolarità nei decenni successivi anche a Venezia, Klagenfurt e Padova. Allieva, tra il 1965 e il 1977, del maestro pittore Tonci Fantoni (1898 – 1983) ha saputo sviluppare un proprio carattere e una maturazione compiuta e libera, infatti, gli insegnamenti di Fantoni trovano ideale prosecuzione proprio nella Seghizzi che sviluppa, però, ulteriormente le proprie riflessioni sfiorando l’informale ma con il tratto totalmente autonomo e inconfondibilmente etereo. Scrive Sergio Tavano, in Pittrici a Gorizia e nella Regione, “le visioni di Cecilia Seghizzi sono familiari in molte case goriziane e sorridono sulle copertine delle sue edizioni musicali: fanno ormai parte di quella che si dice immagine quotidiana o sono riflesso ed introduzione d’un modo d’essere, anzitutto Goriziano, fatto di eleganza riservata ma sapiente, di festevolezza aperta e comunicativa”.
Il tratto leggero, la volontà di esprimersi, la continua ricerca volta all’allargamento dell’orizzonte, la voglia di differenziare, di conoscere e approfondire, sono caratteristiche presenti nell’opus di Cecilia Seghizzi. Per sua stessa asserzione Cecilia quando dipinge “pensa in musica” in quanto è certa che “la musica nasconda in sé un atto creativo più grande e sempre diverso che si rinnova ad ogni esecuzione: un brano musicale è sempre nuovo a ogni interpretazione, mentre la pittura giunge a definizione e tale rimane”. Il frutto del suo continuo, costante e attento impegno è un’armonia che unisce all’incanto per la bellezza del mondo e della vita una visione soggettiva, impulsiva e vivace, ma sempre serena e garbata.
Ancora auguri professoressa! Ad maiora!
Vanni Feresin