(immagine: Vivaio O. Gemmrig sul Rafut, cartolina anno 1913)
Nel contesto del catasto giuseppino del 1790, il Comune di San Rocco si estendeva ben oltre gli attuali confini del borgo, per addentrarsi anche profondamente nel territorio oggi appartenente allo stato sloveno ed era suddiviso in 15 distretti, cui apparteneva anche l’area del toponimo denominato Raffut o Rafut.
Sebbene sia stato ipotizzato un certo collegamento con il termine friulano râf (rapa), pare invece che il nome derivi da un originario tedesco «Raffholz», rami secchi raccolti, stipa, piccoli arbusti, fuscelli e altro, tagliati e seccati per far fuoco.
In particolare, va tenuto presente il verbo longobardo (h)raffön, afferrare, rubare. Ciononostante, con maggiore verosimiglianza e precisione, il termine dovrebbe essere riguardato come originato dalla parola friulana raftû (o rifût, refût), rifiuti , scarti, ma solo come antica friulanizzazione popolare della già citata voce tedesca Raffholz.
La parola rafût, primariamente e particolarmente usata (specie al plurale rafûz) dai segantini friulani con riferimento allo scegliticcio o ai residui tipici della loro attività lavorativa, solo più tardi ha assunto un significato più esteso, ponendosi sullo stesso piano del termine scarz (scarti). Infatti, nel genere di lavoro di cui si è detto, ancor oggi, è proprio la paro la rafût (e non scarz , scarti) che serve ad indicare Io scarto legnoso (scorze, sciaveri, prime assi difettose che escono dalla sega, assi piane da una parte e curve dall'altra, ecc. ).
Ad avvalorare tale interpretazione può concorrere il fatto che anticamente esisteva in quei pressi la Giurisdizione Camerale dei Boschi, Bannholz, oltreché, fino alla metà di questo secolo, un mercato della legna (nei pressi della via del Rafut).
Anche il contiguo borgo Fratta trae il suo nome dal fatto che la zona venne a suo tempo di sboscata (dal latino fracta).
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
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