(Immaginie: Ufficiali del Reggimento Carabinieri Mobilitato di stanza sul Podgora)
Sulla sponda destra del fiume Isonzo, appena fuori Gorizia, si staglia la collinetta detta del Podgora: appena 241 metri di altitudine, sufficienti però per ammirare il goriziano nella sua dolcezza naturale dove i confini scompaiono, fra i clivi del Collio, Oslavia con il suo ossario, il Sabotino e poi Gorizia con il suo castello che domina l’insediamento sottostante.
Carso, Isonzo, San Michele e Podgora (nome che ricorre altre tre volte nel componimento) quindi citati fin dall’inizio come i luoghi simbolo dei combattimenti per Gorizia italiana.
Essendo la città uno dei primi obiettivi dell’offensiva italiana, data la sua posizione il Calvario era una delle prime alture occupate dall’artiglieria italiana, che nel luglio del 1915 cedette il cambio al Reggimento Carabinieri Mobilitato che si rese protagonista di una strenua battaglia che costò al reparto ingenti perdite e passò alla storia come la più valorosa azione dei militari dell’Arma durante il primo conflitto mondiale.
La nostra battaglia del Podgora però assume una connotazione particolare nella storia del corpo perché, il 5 giugno 1920, per il valore dimostrato sul Podgora e durante le altre operazioni svolte sul fronte dell’Isonzo la bandiera di guerra dell’Arma fu insignita della più prestigiosa decorazione militare italiana, ovvero la medaglia d’oro al valore militare, con la seguente motivazione: «rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia».
Tale ricorrenza fu considerata talmente importante da renderla festa annuale per il ricordo della fondazione del Corpo (che «anagraficamente» ricorre invece il 13 luglio, quando nell’anno 1814 furono istituiti i Carabinieri Reali tramite decreto reale pubblicato sulle Regie Patenti di quel giorno). Singolarmente invece furono conferite a singoli appartenenti al Reggimento Carabinieri di stanza sul Podgora 9 medaglie d’argento, 33 medaglie di bronzo, 13 croci al valore militare.
Nel 1936 inoltre venne chiamata «Podgora» la seconda divisione (poi comando interregionale) comprendente le legioni Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Sardegna, in ricordo dei fatti del luglio 1915.
Ben prima dello scoppio del conflitto, il Ministero della guerra nel 1905 aveva deciso che in caso di mobilitazione l’Arma dei Carabinieri avrebbe dovuto costituire un Reggimento, composto da tre battaglioni di tre compagnie ciascuno. Detto reparto si costituì a Treviso fra il 22 e il 28 maggio 1915 e venne trasferito a Udine dove iniziò ad occuparsi del servizio di sicurezza e difesa del Comando Supremo.
Fra il 4 e il 5 luglio, a seguito dell’ordine di spostamento, il Reggimento arrivò a piedi a Cormòns e successivamente alle pendici del Podgora dove due battaglioni avrebbero dovuto seguire l’apertura creata dalla II Armata, entrare a Gorizia e costituire immediatamente posti di blocco e sbarramenti, prevenendo saccheggi e altri reati. I due battaglioni, dopo un ordine di sosta in località Blanchis, arrivarono alle pendici del Calvario il 7 luglio dando il cambio al 36° Reggimento fanteria che fino ad allora presidiava la posizione. I reparti si posero quindi a difesa della posizione detta Lora Podgora, dividendosi su due fronti, uno a destra e uno a sinistra, praticamente ovunque era possibile essere colpiti dalle artiglierie austriache, posizionate oltre l’Isonzo, sul San Gabriele e sul Monte Santo.
Dall’8 al 18 luglio i carabinieri del reggimento iniziarono quindi a fortificare e meglio collegare le trincee che occupavano, facendo fronte ai disturbi delle batterie nemiche e alla scarsità d’acqua. Il 18 luglio il comandante della brigata «Pistoia» da cui il reggimento dipendeva, ordinò di predisporsi all’attacco.
Gravissimo fu il bilancio della battaglia: la forza iniziale era di 28 ufficiali e 1236 fra sottufficiali e carabinieri: rimanevano abili solamente 16 ufficiali e 750 graduati. 204 erano i caduti mentre altri 289 risultavano ricoverati a causa della gastroenterite e del colera che si stava diffondendo.
L’eroismo dei Carabinieri venne immediatamente riconosciuto. Già il 20 luglio infatti il Diario Storico Militare del reggimento registrava l’encomio trasmesso dal comandante della brigata «Pistoia»: «Sono lieto di comunicare il presente elogio del comandante l’11 divisione per l’attacco fatto dal reggimento il 19 corrente, attacco che confermò il valore tradizionale dei carabinieri i quali, se non riuscirono nella difficilissima impresa, stettero però saldi e impavidi sotto la tempesta di piombo e ferro che imperversava da ogni parte e che fece numerose vittime».
Ma oltre alla retorica che è facile ricamare quando la storia ci consegna le imprese del passato, che cosa rimane? È veramente possibile dare un senso al sacrificio di tanti giovani le cui sorti furono decise a tavolino, probabilmente da superiori impreparati? Forse sì, forse no.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
|