(Foto O. A. Pellis - Il villaggio goriziano di Strazig dove dal 1849 si insedia un polo industriale all'avanguardia)
Due signori, Ritter e Rittmeyer, di fede protestante, intraprendenti, lungimiranti (era allo studio l’apertura del Canale di Suez) e precursori di quella che avrebbe dovuto essere una moderna industria, anche nei rapporti con i propri dipendenti, decisero di investire ingenti somme in una serie di impianti da collocare lungo l’Isonzo, “un fiume che non rimaneva mai a secco e non gelava mai” e la cui portata d’acqua poteva in ogni stagione assicurare la necessaria forza idrica ad azionare potenti turbine (C. Czoernig, 1969, p.899 e segg.)
Nacque così, dal 1849, quello che all’epoca costituiva un polo industriale all’avanguardia, comprendente la filatura meccanica della seta, della lana e del cotone (che fu il primo ad essere attivato), una cartiera, una centrale elettrica e, quello che più conta dal punto di vista sociale, un intero villaggio con alloggi, scuola, banca, infermeria, spacci di derrate a prezzi ridotti per le maestranze, villaggio che conservò l’antico nome di Strazig.
L’impianto rilanciò altri settori come l’agricoltura, con la ripresa dell’allevamento del baco da seta; i trasporti, che favorirono l’importazione di materie prime non prodotte in loco, come il cotone proveniente dall’Oriente, la seta dal Giappone, e l’esportazione dei prodotti finiti, soprattutto per mezzo delle due ferrovie, quella meridionale e più tardi quella della Transalpina, che collegavano il territorio con l’Italia, con la capitale dell’impero e col porto franco di Trieste la cui importanza crebbe, a partire del 1869, con l’apertura del Canale di Suez.
L’impianto e le sue succursali poste in altri siti del territorio (Cormons, Aidussina) dettero lavoro a migliaia di operai ed operaie, ma anche a contadini e contadine convertitisi alla manovalanza per migliorare la condizione familiare.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
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