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LA FONTANA MONUMENTALE DI PIAZZA SAN ROCCO (25 APRILE 1909 – 2009)
Antonio Lasciac bey architetto fu un autorevole borghigiano che volle lasciare un segno indelebile del suo affetto per il Borgo di San Rocco.
Il 25 aprile 1909 la fontana monumentale venne inaugurata solennemente davanti una folla festante e alla presenza delle massime autorità cittadine, ma la storia della sua realizzazione è molto più complessa e trova origine nel Comitato pro rinascita di Gorizia.
L’impulso iniziale si ebbe nel 1906 quando, per volontà della locale Società di Abbellimento “Progresso” presieduta da Giuseppe Pincherle, nacque un Comitato Pro fontana di San Rocco capeggiato dall’ing. Rocco Sbuelz. Lo scopo principe del Comitato era quello di sostituire l’indecoroso manufatto quadrangolare, chiamato “casson” che a sua volta aveva soppiantato l’antico pozzo, detto “poz dal patriarcha, dal quale le borghigiane erano solite attingere l’acqua per il fabbisogno domestico, non esistendo ancora impianti idrici nelle case private. Il progetto della fontana, rientrante in un piano generale di riqualificazione della piazza, fu affidato al borghigiano arch. Antonio Lasciac che accettò in modo disinteressato di elaborarlo e di farne omaggio al suo amato borgo. Il costo dell’opera fu calcolato in 4.000 corone che vennero raccolte tramite una serie di donazioni (il Municipio con 1.200 corone, la Dieta provinciale con 1.000 corone, i borghigiani e la società promotrice con 900 corone). Il progetto datato 28 agosto 1908 ottenne l’approvazione del Municipio il 14 novembre dello stesso anno. Lo scalpellino Goriziano Francesco Podbersig si occupò della creazione del monumento che venne collocato i primi giorni di aprile del 1909 nello stesso sito in cui prima trovava sede il “poz”. La solenne inaugurazione avvenne domenica 25 aprile 1909 in un clima di grande festosità, scrive il Corriere friulano del 26 aprile 1909 l’aria deliziosamente primaverile armonizzava con l’esultanza popolare, piazza San Rocco era tutta pavesata a festa, ogni casa sfoggiava drappi e fiori, e fra esse spiccava il verone di casa Bertòs con i colori di Gorizia, a rendere quasi più palese ed affettuoso il legame fra i borghigiani e Comune. La gente si era raccolta fittamente intorno alla fontana formando un animato quadrilatero. Alle 10 precise arrivarono, nella carrozza di gala, il podestà Giorgio Bombig con i dottori Vittorio Cesciutti e Achille Venier, accolti dalla banda civica diretta dal maestro Bianchi, e dai maggiorenti e membri del Comitato sig.ri Sbuelz, Pietro Bentos, Giuseppe Bisiach, on. Carlo Rubbia, Francesco Pauletig, Giacomo Picciulin, Michele Culot e Gianvittorio Quaini. Ebbe luogo quindi la benedizione del monumento da parte del Parroco di S. Rocco don Carlo de Baubela, coadiuvato da don Eugenio Volani. Fecero seguito i numerosi discorsi di ringraziamento indirizzati all’arch. Lasciac ed a tutti coloro che avevano cooperato alla realizzazione dell’opera, dimostrando di possedere un animo educato al sentimento dell’arte e del bello, capace di contraddistinguere le nazioni più civili. La festa raggiunse l’apice della commozione quando il podestà, premendo una valvola, fece zampillare limpida ed abbondante l’acqua nella fontana, mentre quattro belle forosette sanroccare in abito festivo (Giuseppina Culot, Maria Zottig, Gisella Caterina Madriz e Giuseppina Francovig nda), si accostavano ad attingerne, ed il fotografo sig. augusto Marega immortalava la scena. Infine, in casa del signor Bentos, fra un lauto banchetto ed altri discorsi inneggianti all’italianità di Gorizia, vennero firmati glia atti, e fatta la consegna della fontana al Municipio, sempre per mano del podestà. Le cronache narrano che un borghigiano (probabilmente Giovanni Pauletig) gridò “Viva la aga”, al che molti risposero con un “evviva” e qualcuno altro con un “Viva il vin!”. I festeggiamenti continuarono con un concerto bandistico e la domenica successiva venne organizzato un grande ballo popolare.
Fatto in Gorizia il giorno di Domenica 25 aprile 1909
Atto di consegna
Auspice la benemerita Società d’abbellimento “progresso” costituivasi nell’anno 1906 uno speciale uno speciale Comitato per l’erezione in borgo S. Rocco di una fontana che abbellendo quella Piazza, riescisse di ornamento del Borgo, di lustro e decoro della città. E coadiuvato dall’opera efficacissima del distinto concittadino residente al Cairo, il benemerito Antonio Cavaliere Lasciac Bey, Architetto Capo dei Palazzi Khediviali, che con patriotico sentimento, volle disinteressantemente, elaborarne il progetto; moralmente e materialmente appoggiato così dalla Giunta provinciale come dal Comune, nonché dal suffragio della intera cittadinanza, manifestato con larga generosa concorrenza, al Comitato riesci di tradurre in atto l’idea patriotica, col far sorgere per opera modesta ma valente dello scalpellino concittadino Podbersig, la fontana che bella e maestosa, occupa il centro di Piazza San Rocco. Soddisfatto del compimento dei propri voti e grato del conseguito appoggio il Comitato, alla presenza del Consiglio comunale e di festante stuolo di cittadini, ne fece nel giorno d’oggi formale solenne consegna al Podestà, che plaudendo all’opera del Comitato, con grato animo, dichiara di accettare in nome della città e quale patrio monumento, l’artistica fontana. In prova venne eretto in un sol esemplare il presente atto che in memoria si conserverà negli archivi municipali.
Seguono quindici firme, tra le quali si notano quelle di Rocco Sbuelz Presidente del Comitato, Giuseppe Bisiach Segretario, Gorgio Bombig Podestà, Giuseppe Pincherle Presidente della Società Abbellimento “Progresso”.
Descrizione
Anche se venne arretrata di circa dieci metri dal luogo originario, tra la fine del 1968 e il marzo del 1969, la fontana di Antonio Lasciac è ancora oggi ben situata al centro della piazza di Borgo di San Rocco e ne caratterizza in modo inequivocabile l’aspetto. Come scrive l’ing. Marco Chiozza, a pag. 12 della rivista “Borc San Roc” n° 11 del novembre 1999, posta nel mezzo di una piazza di forma triangolare,essa fa da polo attorno al quale gravitano tutti gli edifici circostanti. I motivi ispiratori della fontana riecheggiano certamente gli obelischi viennesi del Franzensbrücke, anche se l’obelisco è elemento legato alla terra d’adozione del Lasciac: l’Egitto. Questo accostamento voleva essere legame tra i paesi che più l’avevano formato: l’Austria per l’educazione tecnico – culturale, l’Egitto come terra d’adozione e l’Italia come ideale. La sua posizione era stata studiata non per offrire solo un effetto scenografico ma anche con uno scopo precipuamente funzionale. All’inizio del secolo l’acqua corrente non arrivava in tutte le case, perciò la fontana doveva servire da approvvigionamento idrico per il maggior numero possibile di borghigiani. Diventando così un punto d’incontro obbligato per gli abitanti della zona, essa svolgeva inoltre un’importante funzione sociale come aggregante nonché occasione potenziale di divulgazione dell’informazione del borgo.
Analisi
La fontana è alta 8 metri e 10 centimetri ed è composta da tre parti principali: il basamento, le vasche e l’obelisco.
Continua Chiozza, nella sua analisi, affermando che il basamento, di forma ellissoidale, si sviluppa in altezza per tre gradini ed è realizzato in pietra del Carso. La parte centrale è invece costituita da un parallelepipedo, sempre in pietra del Carso, su cui si innestano due vasche di forma emielissoidale richiamanti il basamento. La decorazione è sobria e misurata essendo costituita da una leggera voluta sotto le vasche e da una delicata decorazione vegetale a rami di alloro intrecciati in corrispondenza delle bocche della fontana e lievemente più basso per gli altri due lati. L’obelisco finale, poggiato su di un parallelepipedo in scala ridotta richiamante nella decorazione quello sottostante, si pone a coronamento del monumento con la sua forma leggermente rastremata che si chiude in una cuspide alla sommità, quasi a simboleggiare una freccia che si protende verso il cielo. Questo doveva provenire inizialmente dall’Egitto come dono del Lasciac e doveva essere in granito nubiano di colore rosso (o giallo, le notizie sono discordanti), ma poi per motivi non ben chiari si optò per uno identico per forma e misura ma in pietra del Carso.
ANTONIO LASCIAC
Antonio Lasciac nasce a San Rocco il 21 settembre 1856, primo dei sei figli del conciacapelli Pietro Lasciak e di Giuseppina Trampus. Fin da bambino dimostra della attitudini e un interesse speciale per l’architettura e dopo le Reali inferiori e la Oberrealsschule frequenta il Politecnico a Vienna e contemporaneamente si sposa con Maria Luigia Plesnizer, dalla quale avrà tre figli Pluatilla Angelina Francesca, Fabrizio Antonio Giuseppe, Romeo Italico Alessandro. Si laurea in architettura e ancora non compiuti i ventisei anni (9 agosto del 1882) firma il suo primo progetto di ristrutturazione e ampliamento di una casa in via Vaccano n° 6 per conto di Antonio Rickertzen. L’anno successivo si reca in Egitto (come fecero molti ingegneri e architetti italiani suoi coetanei), ad Alessandria, dove lascerà un segno indelebile in quanto fautore di un vero e proprio risorgimento architettonico della città. Nel 1888 torna in Italia (a Napoli) e nel 1891 fissa la sua residenze a Roma, dove si metterà in contatto con i grandi architetti locali e partecipa a numerosi concorsi mettendosi in luce. A Roma elabora i progetti per la Chiesa del Sacro Cuore (18919 e di San Rocco (1894), entrambe le opere non saranno realizzate. Dal 1898 tutta la famiglia prenderà dimora al Cairo, in quegli anni Lasciac continuerà a lavorare senza sosta elaborando un numero considerevole di progetti tra i quali anche la fontana – obelisco di piazza San Rocco. Nel 1907 viene nominato architetto capo dei palazzi khediviali e ottiene la qualifica onorifica di “Bey”. Nel 1899, a previsione di un suo ritorno a Gorizia, si fa costruire una villa fantasiosa immersa in un parco sul colle del Rafut, ma non vi prenderà mai dimora. Durante la prima guerra mondiale è presente a Roma e nel 1917 disegna un piano dio regolazione e ampliamento per la città di Gorizia, questo piano, seppur non accolto globalmente, sarà alla base del piano regolatore elaborato successivamente da Max Fabani. Negli anni Venti del XX secolo ritorna al Cairo dove vedrà morire, ancora giovani, entrambi i figli maschi. Nel 1929 diventa Accademico di San Luca in Roma. Ormai anziano, dopo altre peregrinazioni tra l’oriente e Roma, nel 1940, decide di stabilirsi definitivamente a Gorizia, morirà a El Cairo novantenne il 26 dicembre 1946.
DA UN SECOLO SCRIVONO DI LEI…
Da “L’Eco del Litorale”
24 aprile 1909
Domani domenica alle ore 10 ant. avrà luogo la solenne inaugurazione e rispettiva consegna a mani del Podestà della neo – eretta fontana monumentale di piazza San Rocco.
26 aprile 1909
Ieri alle ore 10 la fontana di San Rocco, sita in piazza, veniva benedetta dal molto rev. Parroco di S. rocco dottor Carlo de Baubela. Al suono della marcia “Viva Gorizia” e delle campane fu accolto il podestà Giorgio Bombig e molti consiglieri che presero parte alla solenne funzione. Va pure notato l’intervento del presidente della società “Progresso” nonché di molte altre personalità. Dopo la benedizione, il presidente del comitato Pro fontana lesse un discorso a cui il podestà rispose con parole di lode al comitato promotore, di congratulazione all’artista signor Podbersig il quale seppe por fine alla bella opera e di rammarico per le mancanze dell’ing. Lasciac. Chiuse infine coll’augurarsi di vedere anche i sanroccari uniti nella nostra nazionalità e pronti a combattere per i suoi diritti. Il sig. Pietro Bentos invitò poi i presenti ad un lauto banchetto, prima furono firmati gli atti e fu fatta la consegna della fontana al Municipio per mano del podestà. Anche qui non mancarono discorsi inneggiati all’italianità di Gorizia. Per rallegrare la festa la nostra banda civica diretta dal maestro sig. Bianchi suonò dei pezzi che furono molto gustati. (Spettatore)
28 aprile 1909
Consiglio Comunale (…) il Podestà chiede quindi l’approvazione posticipata per la concessione che fece di motu proprio, cioè di concedere il Civico corpo musicale per l’inaugurazione della nuova fontana monumentale fattasi domenica scorsa a San Rocco e di cui venne richiesto all’ultimo momento. Viene senz’altro data l’approvazione.
Da “Il Piccolo” del 22 novembre 1941
Curiosità goriziane La popolare fontana di piazza S. Rocco
di Guido Bisiani
Coloro che transitano per la piazza del popolarissimo rione di S. Rocco sono attratti dalla visione della monumentale fontana, che si erge quasi al centro della piazza prospiciente alla chiesa parrocchiale. Narrano le cronache del tempo che il progetto dell’opera, di stile arabo, è dovuto all’architetto Antonio Lasciac Bey, mentre la costruzione all’artigiano Poterzio (Podbersig nda). Contribuirono alle spese il Municipio, la Dieta provinciale, la Società per l’abbellimento e Progresso e numerosi borghigiani. Il Comitato per l’erezione, composto in prevalenza da popolani di S. Rocco fu presieduto dall’ing. Sbuelz e venne costituito nell’autunno del 1907. L’architetto Lasciac Bei ne fu presidente onorario. L’obelisco che doveva giungere secondo la deliberazione dall’Africa, di granito giallo, fu per varie ragioni, sostituito con l’attuale in pietra. La sua origine non è molto lontana, perciò molti, specie gli abitanti del rione, ricordano la solenne cerimonia inaugurale svoltasi il mattino del 25 aprile 1909. Giorno di festa in tale data per il laborioso popolo di S. Rocco. Splendeva solenne alla luce del sole la monumentale fontana. Una grande folla della città gremiva la piazza, mentre da un lato prendevano posto la banda cittadina, dall’altro un folto stuolo di autorità del Comune, fra cui si notava pure l’emerito patriota Giorgio Bombi,e numerose altre personalità. Al suono della musica, il parroco mons. Baubela, attorniato dal clero, procedette alla benedizione della nuova fontana, e quindi, quattro graziose contadine del luogo indossanti i tradizionali costumi, attingevano per prime nell’acqua che sgorgava da ambo le parti. Quindi la manifestazione si concludeva, e, mentre la musica e le campane suonavano festosamente, le autorità partecipavano ad un “rinfresco” nei locali al rimo piano, nell’attiguo palazzo Bertossi.
La guerra mondiale che infuriò violentemente sulla nostra città, lasciò intatta l’artistica e monumentale fontana. Spesso qualche monello, approfittando dell’occasione, s’arrampica sull’incomoda… tribuna per assistere a qualche partita di calcistica, nel vicino Campo Littorio (oggi Baiamonti nda).
Gli abitanti delle contrade adiacenti, d’umile ceto, custodiscono con particolare predilezione la fontana, alla quale si avvicendano quotidianamente per attingervi l’acqua.
Da “Il Piccolo” del 7 maggio 1952
25 aprile 1909: data di ricordi cari ai vecchi borghigiani Fu un grande giorno per il popolo di San Rocco l’inaugurazione della monumentale fontana A quattro contadine l’onore di attingere l’acqua per prime – L’attuale interrogativo: la fontana resterà o sparirà?
Di Guido Bisiani
È di attualità il problema della monumentale fontana di piazza San Rocco in relazione alla progettata definitiva sistemazione dell’arteria. Le tre proposte formulate dai tecnici nel quadro nel quadro di tale sistemazione da noi prospettate in un recente articolo, sono da vari giorni argomento di discussione tra i sanrocchesi. Data l’attualità del problema ed anche perché sollecitati da diversi lettori non solo di San Rocco desiderosi di rinfrescare la memoria di un avvenimento del quale conservano care impressioni, torna utile accennare alla fontana perché proprio il 25 aprile scorso ricorreva il 43° anniversario della sua inaugurazione.
Auspice la Società goriziana d’abbellimento “progresso”, si costituì nel 1906 un apposito “Comitato pro fontana” presieduto dall’ing. Rocco Sbuelz; tra i suoi membri figuravano benemeriti cittadini e borghigiani tra i quali l’organista Giuseppe Bisiach e Gian Vittorio Quaini, rispettivamente segretario e vicesegretario, Pietro Bentos, Giacomo Piciulin e Giovanni Pauletig. Si trattava di sostituire la primitiva fontana costituita da un’ampia cisterna coperta da una grata, la quale, per la sua forma quadrangolare, era chiamata “cassone”. Dei quattro ippocastani che la circondavano tre furono abbattuti nell’ottobre 1908, mentre il quarto nell’aprile dell’anno seguente.
La nuova opera, uscita dal laboratorio dell’artigiano Goriziano Francesco Podbersig di via Duca d’Aosta ed alla cui lavorazione contribuirono, fra gli altri, Antonio Comel, Carlo Cesciutti, Pietro Valantig e Giuseppe Paletti, fu completata nel settembre 1908 e il suo collocamento ultimato il 6 aprile 1909. Contribuirono alle spese il Municipio con 1.200 corone, la Dieta provinciale con 1.000 corone, la società promotrice, nonché i borghigiani e la cittadinanza con 900 corone. (…)
Da “Il Piccolo” dell’estate del 1968
Il problema della sistemazione di Piazza San Rocco; Fontana si, fontana no; Si tratta d’un monumento di discutibile gusto: alcuni propongono di lasciare dov’è altri di spostarlo o di eliminarlo addirittura
Di Guido Bisiani
Fontana si, fontana no: ecco il nuovo problema destinato a costituire argomento di discussione dei sanrocchesi. Proprio così, stavolta il problema concerne la monumentale fontana di piazza San Rocco. La sistemazione della piazza, come si sa, è nella fase risolutiva, e nella elaborazione di un progetto che comporti una soddisfacente soluzione urbanistica della zona centrale del rione, i competenti organi tecnici municipali si trovano di fronte alla monumentale fontana legata al nome dell’architetto sanrocchese Antonio Lasciac bey, noto per le sue insigni opere lasciate soprattutto in Egitto. Il problema si pone nei seguenti termini: lasciare la fontana al suo posto attuale; spostarla in modo che appaia collegata alla nuova sistemazione urbanistica della piazza notevolmente ampliata; toglierla addirittura. I pareri dei tecnici per quanto riguarda il primo punto, sono del tutto sfavorevoli. La fontana nella sua sede attuale costituisce un impedimento, per tre motivi: anzitutto perché dinanzi alla chiesa vi è necessità di una adeguata zona di rispetto; in secondo luogo per le esigenze del traffico; infine perché la fontana oggi appare in asse con il tempio, quasi facendo parte del suo complesso edilizio, ma in contrasto per i due stili architettonici diversi. Ammesso quindi inadatto il posto attuale, va considerata l’altra soluzione, quella del suo spostamento. Ma questa, secondo gli organi tecnici municipali, se è comunque preferibile alla prima, non è felice. Lo stile della fontana – nordico nella parte inferiore, con motivi cioè che si riscontrano nel Centro Europa e orientale in quello superiore – contrasta con l’insieme architettonico della facciata della chiesa.
Inoltre alla monumentale fontana non va annessa alcuna importanza storica né artistica. Considerato poi che in qualsiasi caso alla fontana verranno tolte, per ragioni di economia, le bocchette d’acqua, è evidente che essa non avrà alcun significato e motivo di esistere. Al centro della piazza rinnovata, se completata da una aiuola con sempreverdi, la bianca mole della fontana potrebbe però anche adattarsi. In ogni caso in piazza S. Rocco verrà eretta una grande aiuola a forma triangolare come la piazza medesima, della lunghezza di metri 25 e larghezza massima di metri 13.40, delimitata da una cordonata. Con tale sistemazione la fontana – che attualmente si trova a soli nove metri dalla chiesa – verrebbe collocata nell’area delimitata, in line arretrata quindi all’attuale, cioè circa dodici metri dal tempio. Questi i pareri, queste le proposte. Ai sanrocchesi ora, il responso. (…).
Da “Il Piccolo” del 10 dicembre 1968
Per allargare la strada davanti alla Chiesa di San Rocco Arretrerà di dieci metri la monumentale fontana Fu inaugurata nel 1909 – I borghigiani le sono molto affezionati
Di Guido Bisiani
Per esigenze di traffico che hanno suggerito l’opportunità di ampliare la sede stradale nel tratto antistante la chiesa di San Rocco, la monumentale fontana che da quasi cinquant’anni si trova proprio di fronte al tempio, sarà rimossa e collocata a una decina di metri di distanza sul alto opposto della aiuola dove (…) è già stata gettata la base di cemento. Il problema della rimozione della fontana era stato sollevato già parecchi anni addietro, ma finora non si era trovata una soluzione idonea che conciliasse le esigenze estetiche e urbanistiche con le ragioni sentimentali dei sanrocchesi affezionati a questa vecchia fontana. (…)
Dal settimanale parrocchiale del marzo 1969
Di guido Bisiani
Se lo potesse avrebbe da raccontare una lunga serie di episodi piccoli e talvolta spassosi e abbozzare simpatici quadretti di via schietta e semplice di una comunità omogenea e ancorata, fino a solo pochi decenni addietro, a un modo di vivere fatto di rigida aderenza alle tradizioni improntato alle caratteristiche comuni alle antiche contrade friulane. Perché la monumentale fontana di piazza San Rocco è da sessant’anni la testimone più diretta delle vicende della borgata nelle sue espressioni più schiette e genuine. Quando si pensi alle code di massaie e di contadine che le si formavano attorno, tutti i giorni, per attingere in capaci recipienti di legno “il pòdin”, l’acqua per gli usi domestici, ed ai capannelli di borghigiani che si formavano sulla piazza, particolarmente all’uscita dalla chiesa dopo le funzioni religiose, è facile immaginare quale fonte di informazioni scaturisse da questi quotidiani appuntamenti. Venne inaugurata con grande solennità il 25 aprile 1909 nel punto stesso dove prima esisteva un’ampia cisterna coperta da un grata (cisterna che, per la sua forma quadrangolare era chiamata cassòn); i borghigiani attingevano l’acqua da un rubinetto sporgente da una colonnina che si alzava su uno dei lati della vasca. Ma la monumentale fontana, il cui progetto è del sanrocchese Antonio Lasciac Bey, architetto dei palazzi Khediviali in Egitto, il progresso doveva riservare grandi amarezze: l’estensione della condotta idrica nelle case private, avvenuta rapidamente negli anni successivi alla prima guerra mondiale, ha decisamente “svuotato” la nostra fontana. Le massaie che ricorrevano alle due fonti, si sono andate sempre più diradando e solo la presenza della vaschetta e dei gradini le hanno risparmiato il disinteresse e l’abbandono. Per la “mularia” di San Rocco, infatti, è stata sempre di ottimo appoggio sia per le lunghe chiacchierate specie nella stagione estiva, sia per i giochi. Non è stata disdegnata nemmeno quale…tribuna di emergenza da quanti, essendo al verde di quattrini, vi si arrampicavano per poter assistere agli incontri di calcio nel vicinissimo campo sportivo. Ora a sessant’anni dalla sua inaugurazione, il regresso le ha inferto un altro duro colpo. Privata da alcuni anni dalla sua funzione essenziale per mancanza di…clienti (le sono stati tolti anche i due rubinetti), era da lungo tempo avvertita la necessità di rimuoverla per consentire l’allargamento della sede stradale nel tratto prospiciente il tempio. A questo punto erano sorte le polemiche sull’opportunità o meno di rimuoverla ed, eventualmente sul sito dove poterla ricollocare; né sono mancate le proposte di toglierla definitivamente di mezzo, considerati i suoi scarsi pregi architettonici. Ma il manufatto era pur sempre legato a cari ricordi di anziani e meno anziani borghigiani anche quale “discendente” dell’antica rustica fontana che aveva portato il prezioso elemento a molte generazioni di nostri antenati. Così, proprio nel suo sessantesimo compleanno, le si è trovato un posto più confacente e decoroso e da alcune settimane domina ancora la piazza, nella parte più centrale.
Quando il 25 aprile 1909, uscirono i primi zampilli e quattro donzelle del borgo negli originali costumi sanrocchesi del ‘700 attinsero per prime l’acqua della nuova fontana, un borghigiano gridò “Viva la aga!”: al che, si racconta, un altro fece eco con il grido di “Viva il vin”. Attraverso le ampie vetrate della vicina trattoria “Alla fortezza” più di un sanroccaro, guardando oggi la fontana senz’acqua, riprende lo slogan dell’anonimo seguace di Bacco e si consola brindando con un calice di buon vino.
Da “Il Nostri Borc” dell’aprile 1979
La Fontana del “Bey”
Di Licia Sapunzachi
70 anni or sono, precisamente domenica 25 aprile 1909, veniva inaugurata a S. Rocco la nostra fontana, ideata dall’arch. Antonio Lasciac. Da lungo tempo infatti, la vecchia fontana andava in rovina, al punto che si era reso necessario liberarla dal fanale che la sovrastava, causa la scarsa sicurezza della base. I sanroccari, attraverso la società d’abbellimento “Progresso”, decisero di sostituirla e, nel 1906 si costituì a tale scopo un comitato capeggiato dall’ing. Sbuelz, che aveva quale segretario il signor Gianvittorio Quaini. Si raccolsero i fondi necessari al municipio di Gorizia, la Provincia, la società del “Progresso” ed a molti privati della città e del Borgo. Fu proprio un affezionato borghigiano, l’architetto Antonio Lasciac, ad incaricarsi del progetto, realizzato poi artisticamente dallo scalpellino Podbersig. Prese forma così la nostra fontana, in pietra del vallone, monumentale nel basamento e nel monolito a foggia di obelisco che la sovrasta, sostituendo l’altra che fu trasportata in via Lunga. Nell’intenzione dell’arch. Lasciac, l’obelisco avrebbe dovuto essere in pietra rossa proveniente dall’Egitto, ma poi si dovette accantonare il progetto, senza però togliere nulla all’artisticità dell’opera. Come si può leggere sul giornale dell’epoca “Il Corriere friulano” il giorno fu veramente memorabile. L’aria deliziosamente primaverile armonizzava con l’esultanza popolare, piazza San Rocco era tutta pavesata a festa, ogni casa sfoggiava drappi e fiori, e fra esse spiccava il verone di casa Bertòs con i colori di Gorizia, a rendere quasi più palese ed affettuoso il legame fra i borghigiani e Comune. La gente si era raccolta fittamente intorno alla fontana formando un animato quadrilatero. Alle 10 precise arrivarono, nella carrozza di gala, il podestà Giorgio Bombig con i dottori Vittorio Cesciutti e Achille Venier, accolti dalla banda civica diretta dal maestro Bianchi, e dai maggiorenti e membri del Comitato sig.ri Sbuelz, Pietro Bentos, Giuseppe Bisiach, on. Carlo Rubbia, Francesco Pauletig, Giacomo Picciulin, Michele Culot e Gianvittorio Quaini. Ebbe luogo quindi la benedizione del monumento da parte del Parroco di S. Rocco don Carlo de Baubela, coadiuvato da don Eugenio Volani. Fecero seguito i numerosi discorsi di ringraziamento indirizzati all’arch. Lasciac ed a tutti coloro che avevano cooperato alla realizzazione dell’opera, dimostrando di possedere un animo educato al sentimento dell’arte e del bello, capace di contraddistinguere le nazioni più civili. La festa raggiunse l’apice della commozione quando il podestà, premendo una valvola, fece zampillare limpida ed abbondante l’acqua nella fontana, mentre quattro belle forosette sanroccare in abito festivo (Giuseppina Culot, Maria Zottig, Gisella Caterina Madriz e Giuseppina Francovig nda), si accostavano ad attingerne, ed il fotografo sig. augusto Marega immortalava la scena. Infine, in casa del signor Bentos, fra un lauto banchetto ed altri discorsi inneggianti all’italianità di Gorizia, vennero firmati glia atti, e fatta la consegna della fontana al Municipio, sempre per mano del podestà.
A tanti anni di distanza, raccolti intorno ad una fontana che ci è cara, abbiamo voluto ricordare l’atmosfera e tutti coloro che, idealmente presenti nel nostro cuore, hanno reso possibile la sua realizzazione, con generosità, entusiasmo e disponibilità di ogni genere. Un esempio di vita comunitaria e di ideali autentici che il tempo non ha scalfito e che un monumento è rimasto a testimoniare. Oggi la fontana pur, non assolvendo più alla sua funzione con l’allegro zampillo che fece gridare “Viva l’aga”, rimane però il simbolo del nostro Borgo, simbolo adottato anche, insieme alla facciata della chiesa, dal Centro per le Tradizioni. Punto d’incontro di giovani e non, muta spettatrice di battesimi, nozze gioiose e lutti i dolorosi, di animazione popolare ad ogni festività, è la compagna fedele di alterne generazioni che aiutano una Comunità a crescere ed a rinnovarsi giorno dopo giorno.
Da “Il Piccolo” del 7 giugno 1984
La città ha sempre avuto poche fontane – due chilometri di strada erano di acciottolati Quando nacque la “Società di abbellimento”
Di Luciano Spangher
Dietro la larvata contesa di questi giorni tra il consiglio quartiere di Montesanto che vorrebbe vedere risistemata la fontana dell’Ercole in largo Pacassi, e il Comune, che pare invece poco entusiasta dell’idea, c’è in fondo un desiderio encomiabile: quello di vedere abbellito un punto di intenso passaggio del quartiere. D’altro canto, non è una novità che la nostra città di fontane ne conti davvero pochine, e si può dire che anche in passato, non ha mai vestito “panni sfarzosi”.
È così curioso scoprire che verso la fine dell’800 fu avvertita la necessità di una “società d’abbellimento – Progresso – per la città di Gorizia”, nota per promuovere e incentivare, come traspare dalla denominazione, tutte quelle iniziative atte a contribuire a rendere più bella e accogliente la città. La necessità – come vedremo più avanti – c’era perché anche se è vero che Gorizia poteva vantare tanto verde, in generale l’aspetto della città non era proprio bellissimo. Nel 1839, ad esempio, il visconte di Larochefaucauld, evidentemente irritato per la morte del suo re Carlo X di Borbone, avvenuta a Gorizia, aveva definito brutalmente la città “meschina né bella, né pulita, malagevole e circondata da sterili montagne tanto da sembrare l’ultimo confine del mondo” e, nel 1900, la città non aveva modificato di molto questo aspetto. A riprova di questo stato bisogna dire che su 34 chilometri di strade solamente due erano acciottolate, mentre le restanti erano sterrate e al massimo rifinite in macadam il quale, tra l’altro, non risparmiava né polvere, né fango ai cittadini. In più si registrava anche una scarsità d’acqua, e poche erano le fontane pubbliche allora disponibili, anche se queste erano dislocate nei punti più strategici della città. Le più belle e antiche erano naturalmente quelle di piazza Grande (Vittoria) col “Nettuno” circondato da sei tritoni, con buccine, putti e delfini, inaugurata nel 1756, e quella di piazza Corno (De Amicis) con l’“Ercole” che atterrà l’idra di Lerna, inaugurata questa nel 1775. Ambedue erano state disegnate dal Pacassi e realizzate dal “picapietra” Marco Chiereghin di Padova. Le stesse ricevevano l’acqua da una sorgente del Corno, chiamata Jerebizza, situata sul versante Sud del monte S. Gabriele a Moncorona. L’esigenza di aumentare la fornitura dell’acqua, oltre a quella di migliorare lo stato delle strade, era naturalmente sentita dalla società “Progresso”, ma forse anche di più dal Comune, il quale nel 1905 affrontò il problema di potenziare l’acquedotto di Cronberg e di ampliare la rete cittadina di tubature e, nel contempo, anche di lastricare dieci strade con conci (cubetti di pietra). Il miglioramento della fornitura idrica indusse la società “Progresso” a costituire una speciale Comitato formato dai signori Rocco Sbuelz, presidente, Giuseppe Bisiach segretario, Pietro Derta, Giacomo Piciulin e S. Pauletig, consiglieri, con il compito di promuovere la realizzazione di una fontana “che riuscisse di ornamento del borgo (San Rocco) e di lustro e decoro per la città”. Per la verità la piazza, centro dell’omonimo borgo, possedeva già una fontana con acqua corrente, che spesso rimaneva asciutta, e che era affiancata da due alti ippocastani e da una vasca (laip), dove,a volte, temerari giovanotti che erano venuti ad amoreggiare con ragazze borghigiane erano finiti a mollo, ma questo “zampillo” non dava certo lustro e decoro al borgo e comunque lo dava certamente meno dell’antico ed eliminato pozzo, detto “del patriarca”. Il comitato, postosi all’opera, affidò al “benemerito Cavalier Lasciac bey, Architetto Capo dei palazzi Khediviali” del Cairo (figlio del capocontrada Pietro, valente poeta friulano) il progetto che venne elaborato gratis. In capo a tre anni l’opera venne realizzata. (…).
LETTERATURA
1) L’“Eco del Litorale” del 24, 25, 26 aprile 1909.
2) “Il Corriere friulano” del 26 aprile 1909.
3) G. BISIANI, Curiosità goriziane; la Piazza di San Rocco, in “Il Piccolo”, Gorizia, 22 novembre 1941.
4) G. BISIANI, 25 aprile 1909: data di ricordi cari ai vecchi borghigiani;Fu un grande giorno per il popolo di San Rocco l’inaugurazione della monumentale fontana; Con il saluto di Giorgio Bombi l’incitamento a difendere i diritti della nazionalità – A quattro contadine l’onore di attingere l’acqua per prime – L’attuale interrogativo: la fontana resterà o sparirà?, in “Il Piccolo”, Gorizia, 7 maggio 1952.
5) G. BISIANI, Il problema della sistemazione di Piazza San Rocco; Fontana si, fontana no; Si tratta d’un monumento di discutibile gusto: alcuni propongono di lasciare dov’è altri di spostarlo o di eliminarlo addirittura, in “Il Piccolo”, Gorizia, 1968.
6) G. BISIANI, Per allargare la strada davanti alla Chiesa di San Rocco; Arretrerà di dieci metri la monumentale fontana Fu inaugurata nel 1909 – I borghigiani le sono molto affezionati, in “Il Piccolo”, Gorizia, 10 dicembre 1968.
7) G. BISIANI, intervento sul settimanale parrocchiale, Gorizia, marzo 1969.
8) L. CICERI, Due goriziani illustri: Dionisio Ussai e Antonio Lasciac, in “Gorizia”, numero unico della Società Filologica Friulana, Udine, 1969.
9) R. M. COSSAR, Gorizia d’altri tempi, Gorizia, I ristampa, 1975.
10) L. SAPUNZACHI, Compie settant’anni la fontana del “Bey”, in “Il Nostri Borc”, aprile 1979.
11) R. M. COSSAR, Cara Vecchia Gorizia, Gorizia 1981.
12) L. SPANGHER, La città ha sempre poche fontane – due chilometri di strada erano acciottolati; Quando nacque la “Società d’abbellimento”, in “Il Piccolo”, Gorizia, 7 giugno 1984.
13) S. TAVANO, Architettura a Gorizia 1890 – 1990, in “Ce fastu”, 1992/II, pag. 68.
14) S. TAVANO, Gorizia e il mondo di ieri, Udine, 1991.
15) W. CHIESA, Baronia e Giurisdizione, in “Borc San Roc n°3”, Gorizia, 1991.
16) M. UNGARO, Mons. Carlo de Baubela, “plevan di san Roc”, in “Borc San Roc n° 6”, Gorizia, novembre 1994, pag. 45.
17) S. TAVANO, Arte e artisti nordici goriziani, in “Cultura tedesca nel Goriziano”, Gorizia, 1995.
18) A. MADRIZ TOMASI, Antonio Lasciac bey e le sue poesie in friulano, in “Borc San Roc n° 8”, Gorizia, novembre 1996, pag. 45.
19) M. UNGARO, Sotto la Torre; 1497 – 1997: 500 anni della Chiesa di San Rocco, Parrocchia di San Rocco, Gorizia, 1997, pag. 105.
20) M. CHIOZZA, La fontana monumentale di piazza S. Rocco, in “Borc San Roc n° 11”, Gorizia, novembre 1999, pp. 9 – 16.
21) M. CHIOZZA, Antonio Lasciac; tra echi secessionisti e suggestioni orientali, Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli, Dicembre 2005, pp. 75 – 79.
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