Leone Gaier (1930 - 2017) è stato un artista a tutto tondo: musicista, compositore, pittore, scultore e poeta. La sua attività ebbe inizio alla fine degli anni Cinquanta, infatti, il 20 novembre 1958 apparve su «Il Gazzettino» un articolo nel quale si apprende che un commesso postale ha due hobby: quello della pittura e quello della musica.
Parlare di hobby in questo caso, è forse improprio. Musica e pittura pretendono, per essere interpretate, un indispensabile sottofondo di sensibilità, di gusto, e di precisa personalità. Leone Gaier ha impostato la sua esperienza artistica sul mestiere imparato in due anni di frequenza alla Scuola d’arte industriale.
Necessità familiari l’avevano tolto repentinamente dai laboratori di via Veneto indirizzandolo verso una professione che indubbiamente non era in grado di sollecitare espressioni d’arte: quella di dipendente delle Poste e Telegrafi. Rubando il tempo riservato al riposo, timidamente quasi, Leone Gaier, riprese dimestichezza con tavolozza e pennelli ed affrontò - dopo un solitario e lungo tirocinio - il giudizio del pubblico. La sua attività espositiva iniziò con alcune collettive a Cormòns e a Gorizia nella bottega dell’amico e artista Vittorio Pettarin in via Carducci. Dopo gli studi di grafica e calcografia a Merano incominciò per Gaier un’attività nella quale egli trasmette tutta la sua sensibilità artistica e che lo ha portato ben oltre i confini dell’Italia e gli è valsa numerosi premi e riconoscimenti internazionali (Jesenice, Bruxelles, Nantes, Parigi e Malta). Il paesaggio e la natura rivestono un ruolo di primaria importanza nella sua pittura; Gaier ritrae con tecnica, mestiere e sapienza nell’uso dei colori, squarci della realtà, vicende e momenti della vita di uomini e donne, e come ricorda Angioletta Masiero: colpiscono per l’intensità che riescono a trasmettere le figure di donne sarde chiuse nelle loro vesti nere e nel silenzio di generazioni, le spigolatrici curve, intente al loro lavoro, le donne friulane forti e decise [...].
Sono spaccati della vita reale che fuoriescono dalla tavolozza grazie all’amore che Gaier ha da sempre per la sua terra natia e per le tradizioni. È rimasto fedele alle sue radici cercando di fondere storia e attualità attraverso, come ricorda Di Martino, l’inscindibile binomio forma - colore, dove i toni caldi e vibranti, ma nello stesso tempo contenuti e discreti, esaltano la poesia e la sensibilità del Gaier, dove la pennellata decisa e pastosa dona alle immagini bagliori di luce che ne intensificano i sentimenti e le emozioni in una prospettica armonia dell’espressività istintiva e dalla comunicabilità immediata. È proprio il colore la novità fondamentale dell’opera di Gaier, egli è un post impressionista, un macchiaiolo.
Nel suo dipingere ci sono le immagini autobiografiche della sua fanciullezza e qui emergono, ad esempio, le figure dei poveri frati (da lui chiamati amichevolmente fratini) che chiedono la carità, dei chierichetti in processione, o ancora le file di persone che attendono un tozzo di pane: tutto è reso con armonia e ritmo cromatico e senza l’ingombro di pesanti paludamenti, quasi volesse trasmettere con la tavolozza la levità della sua chitarra classica che da sempre accompagna la sua esistenza.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco
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