Al mattino ci si incontra ancora un po’assonnati tra stette di mano e qualche pacca sulle spalle e per scaramanzia si evitano i commenti sulle condizioni atmosferiche. Che l’acqua sia il tema della giornata era risaputo, i bollettini metereologici con le loro previsioni l'hanno però resa una preoccupazione. D’altronde l’abbigliamento è esplicito: giacche, scarpe stringate, impermeabili fantasiosi. Soltanto una signora calza i sandali. Sembra un buon auspicio.
Sovrastati da gonfi nuvoloni grigi iniziamo la navigazione lungo il fiume Sile. Alla chiusa di Portegrandi il casellante deve ancora arrivare, è domenica mattina e si è concesso un sonnellino supplementare. Questo è un indice, d’ora in poi il viaggio dovrà proseguire a ritmo diverso, certamente più lento, così come la natura impone. Un cartello sul canale Silone, che ci immette in laguna, ci ricorda di procedere a velocità non superiore ai 7 Km orari, i fondali sono bassi e si devono fare i conti con le maree ed i venti. Per coloro che decidono di prendere posto all’aria aperta, nella parte alta della motonave, il contatto con la natura si fa sempre più serrato: l’atmosfera diventa ovattata, intorno gli arbusti, gli uccelli, gli squarci di luce e le nuvole che con movimenti repentini creano panorami continuamente diversi e bellissimi. E poi la pioggia che, a più riprese, costringe a rapide fughe sotto coperta. La navigazione intanto prosegue con l’animazione del barcaiolo che descrive con dovizia di particolari il paesaggio e la vita di mare. E’ piacevole ascoltarlo, ha la competenza di chi racconta ciò che ha vissuto.
Alla prima tappa, sull’isola di San Francesco del Deserto, infuria una pioggia violentissima. Nonostante il breve tragitto ed il buon equipaggiamento giungiamo inzuppati al convento. Un frate ci fa accomodare nel porticato del chiostro ed inizia a raccontare la storia del luogo. I più però non riescono a sentirlo per il frastuono della pioggia battente amplificato dagli scrosci d’acqua che scendono dalle grondaie sospese agli angoli del portico. Scappa qualche risata, la situazione è comica e lo diventa ancora di più quando il frate invita gli ospiti a continuare la visita nel giardino. Ma dopo pochi minuti, quasi un miracolo, la pioggia cala e in breve cessa del tutto. Tra gli alberi impregnati d’acqua ed i cespugli grondanti riusciamo davvero a far visita al giardino del convento e a godere del panorama delle isole circostanti. Contro ogni scommessa il tempo si mette al bello e alla seconda tappa, che prevede lo sbarco sull’isola di Burano, siamo accolti dal sole.
I vivaci colori delle case dei pescatori appaiono ancora più sgargianti e ci mettono allegria. I verdi, i gialli, i rossi cupi e perfino dei viola inaspettati si alternano e, con la complicità di ponti e canali, ci scortano al ristorante. Mangiamo bene, in un’ambiente accogliente, con tantissimi quadri alle pareti, alcuni sono dei pittori “buranelli” che giungevano sull’isola attratti dai riflessi e dai magici colori della laguna.
Scorrazzando di buon umore tra le calli e le piazzette dell’isola, visitiamo la chiesa di San Martino con il caratteristico campanile pendente e ci reimbarchiamo per raggiungere la nostra ultima tappa, l’isola di San Giorgio Maggiore. E’ bella la grande basilica con il suo antico monastero, che oggi ospita la Fondazione Cini, e stupenda ci appare la vista sul Bacino di San Marco da Punta della Dogana fino ai Giardini della Biennale. Godiamo ancora del paesaggio lagunare ripercorrendo lentamente la via del ritorno.
Ora è di scena il tramonto che, inframezzato dalle nuvole in movimento, crea giochi di luce ed ombre che impegnano non poco i fotografi del gruppo.
La giornata è stata davvero varia ed appagante, la laguna ha affascinato ancora. Un grazie alla signora con i sandali.