Venne fusa nel 1705 dalla fonderia di Bartolomeo De Poli, pesa una quarantina di chilogrammi e reca il nome del conte Gerolamo di Prodolon, probabile committente dell’opera.
L’attuale chiesa risale al 1823 e si deve dedurre che la campana sia appartenuta a qualche altro edificio sacro, probabilmente alla chiesa di San Francesco con annesso convento di cui tutt’oggi si può ammirare il chiostro. Quest’ultimo tempio venne costruito nel 1753 al posto di una chiesa originariamente dedicata a Santa Caterina. Nella chiesa di San Francesco, dotata di dieci altari, trovarono posto le tombe delle più note famiglie nobili di Gorizia. La demolizione avvenne nel 1817.
Tornando alla storica campana, da rilevare che durante l’ultimo conflitto mondiale era stata requisita, come altri bronzi di tante chiese dell’Isontino, e destinata alla fusione e all’impiego per scopi bellici.
Fortunatamente venne preservata dalla distruzione proprio per il valore derivato dalla sua antichità. Gli abitanti della zona di piazza Sant’Antonio, avuto sentore che la campana non era stata distrutta, avevano nel dopoguerra sollecitato la municipalità, anche attraverso il più diffuso quotidiano locale, ad occuparsene affinché potesse ritornare al suo posto.
Tra i più tenaci propugnatori del recupero della campana era stato Giuseppe Macuz, per alcuni decenni zelante e scrupoloso sagrestano del Duomo. Laboriose trattative avviate dal proposito capitolare monsignor Giusto Soranzo con l’ufficio della sovrintendenza ai monumenti e gallerie del Friuli Venezia Giulia, raggiunsero, vero la fine degli anni ’50 del secolo scorso un esito positivo.
Il bronzo si trovava depositato a Udine e venne trasportato a Gorizia nel 1959 e issato nuovamente sulla torretta della chiesa di Sant’Antonio, accanto all’altra campana che non era stata requisita.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
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