Il turista, lo studente, il borghigiano o il semplice passante che guardasse con interesse o scorgesse appena la nuova urbanizzazione di via Svevo dovrebbe ammettere che nella zona è nato un nuovo borgo, circondato da un verde rigoglioso, forse trascurato, con numerose famiglie giovani e tanti universitari. Se però facciamo un balzo nel passato e decidiamo di avventurarci in quel di San Rocco, pressappoco intorno al 1906, non troveremo affatto via Lantieri, ma il nostro sguardo si soffermerebbe di fronte a numerosi campi ben coltivati e ad un antichissimo e alto muro (XV secolo) che giungeva fino alla via Lunga e tagliava di netto le terre dei Conti Levetzow Lantieri con quelle di proprietà dei Principi Arcivescovi. Lungo questo muro divisorio correva l’Androna del Pozzo che solo nel 1956, dopo lo smantellamento dello stesso muro,
prenderà il nome di via Svevo. Guardando poco più in su, come ora, si notava l’imponente villa Boeckmann (già Attems, Sembler e Strassoldo) e girando la testa verso destra si rimaneva attoniti davanti al monumentale edificio del Seminario Minore, ancora in costruzione, e alla sua torre alta oltre 53 metri. Fu mons. Francesco Borgia Sedej, Principe Arcivescovo di Gorizia e Gradisca, a benedire solennemente nell’ottobre del 1912 la nuova sede del Seminario minore e fin da subito le terre adiacenti vennero coltivate per dare il sostentamento ai numerosissimi seminaristi che provenivano da tutta la Provincia Illirica (Austria, Slovenia e triestino). Il progetto era di padre Anselmo Werner benedettino di Seckau, in Stiria, già noto per aver progettato in Austria e Germania istituti di formazione e monasteri a forma di “E” (Eucaristia). Poi, con il passare dei decenni e il calo delle vocazioni anche il seminario goriziano perse la sua centralità e nel 1991 venne venduto all’Università di Trieste. Ai suoi piedi continuarono e continuano a lavorare numerose famiglie contadine; tra questi ultimi testimoni attenti e operanti di quel passato così importante e ricco di tradizioni ricordo le famiglie Sossou e Stacul, autoctoni della zona e antichi abitanti di san Rocco. Tornando a quel 1906 dobbiamo notare come l’antico Borgo di San Rocco fosse scollegato, quasi isolato, dal centro della città e tale situazione verrà risolta solo nel 1913, quando il Comune deciderà di realizzare via Lantieri per congiungere piazza San Rocco a piazza Sant’Antonio. Per raggiungere il centro da Piazza san Rocco esisteva un percorso alternativo ed era rappresentato dal tragitto formato dalle vie Parcar, Vogel (oggi Baiamonti), dei Rabatta per arrivare a piazza Duomo; ma era un tratto disagevole a causa della notevole lontananza rispetto al sistema costituito dalle tre piazze principali: Travnik, Duomo e sant’Antonio. La realizzazione di via Lantieri, non senza le proteste della Contessa Clementina, vide la demolizione della parte migliore della Schönhaus, nonché di alcuni edifici rustici che si affacciavano su piazza san Rocco, nei quali risiedevano due antiche famiglie del Borgo, i Zottig e i Madriz; oggi a memoria di quel passato resta solo l’antico gelso (morar) piantato nel 1903 dal dodicenne Michele Zotti. Dall’altra parte, in Androna del Pozzo c’era una stradina naturale che saliva fino all’attuale grotta del Seminario, grazie alla quale si poteva raggiungere velocemente e comodamente proprio villa Boeckmann e il Seminario minore, con la possibilità di scendere fino a via Alviano e ritrovarsi proprio nel centro della città. Questo collegamento è stato ripulito e messo in sicurezza dal Centro per le Tradizioni durante l’anno 2014 e inaugurato il 15 febbraio del 2015 davanti le massime autorità cittadine e del Borgo. Questo sentiero mantiene ancor oggi un suo fascino particolare, un sapore d’altri tempi; entrando e camminando in questa stradina di ciottolato sembra di ritornare indietro di secoli, e guardandosi intorno si perde anche il senso dell’orientamento. Il sentiero (saranno non più di cento metri) è stato dimenticato dai goriziani ed era soprattutto sconosciuto dalla gran parte dei giovani ma grazie all’intervento di salvaguardia del Centro Tradizioni oggi è fruibile a tutti, soprattutto agli universitari. Del muro che lo costeggia oggi resta solo un frammento ma è un reperto straordinario che meriterebbe di essere ripulito e valorizzato, come valorizzato dovrebbe essere l’enorme Parco Urbano a ridosso dell’ex Seminario (i lavori per la realizzazione del Parco Urbano e la sistemazione del verde pubblico dovevano iniziare nella primavera del 2003 ma ad oggi niente ndr.). La stradina che porta alla grotta è quasi totalmente ostruita nella parte conclusiva da rovi e sterpaglie cresciute senza che nessuno se ne preoccupasse: chi intendesse raggiungere la grotta del Seminario o entra nel cortile della villa Boeckmann o ritorna indietro. Il ripristino del sentiero, la sua messa in sicurezza e la ripulitura del muro si fanno necessari, innanzitutto perché nella zona risiedono numerosi universitari e quindi quel passaggio diverrebbe per loro un’utile e piacevole scorciatoia per raggiungere l’università (si risparmierebbe tutta via Lantieri, un tratto di via Alviano e il lunghissimo viale di ingresso) e in seconda analisi perché si ridarebbe dignità a uno scorcio naturalistico di una Gorizia che non esiste più. È bello parlare con gli abitanti della zona e sentire i loro racconti, come Pietro (Pieri) Stacul che in quella via è nato e ricorda ancora che nel muro c’erano due varchi, uno dinanzi all’attuale Scuola Elementare Rismondo e un altro poco più in giù; quei due grandi passaggi sono stati provocati dai bombardamenti che sconvolsero la città durante il primo conflitto mondiale. Lungo la parte destra del muro, poi, correva un rigagnolo che serviva anche per l’irrigazione dei campi, come narra proprio il Stacul: “La zona intorno al seminario è piena di falde acquifere che hanno creato non pochi problemi a chi ha costruito nelle adiacenze”.
Di questo lungo racconto manca purtroppo il tassello finale: non siamo riusciti a reperire nemmeno una fotografia del muro prima della demolizione degli anni cinquanta. Quindi possiamo solamente immaginare la sua imponenza guardando la possanza dell’ultimo tratto, ma per capire realmente le dimensioni e per assaporare quel lontano passato solo le immagini dell’epoca ci darebbero una prospettiva corretta e reale. Sono fiducioso che questo mio intervento sia utile per non far rientrare nell’oblio un frammento di storia cittadina e spero che gli abitanti del Borgo e i goriziani ricomincino ad interessarsi del loro importante passato ricco di particolari, aneddoti e curiosità ancora troppo poco studiati.
Vanni Feresin