Il «Teatro Verdi» di Gorizia rappresenta un’opera restituita alla sua città, il cui lungo e complesso progetto di ristrutturazione è stato frazionato in ben sette lotti esecutivi, passando attraverso continue modifiche ed adeguamenti legislativi.
Un lavoro di progettazione ed esecuzione sviluppatosi per quasi quindici anni, il cui risultato è un'opera con grandi legami fra passato e presente.
Le vicissitudini del Verdi possono essere raccolte in tre grandi periodi: l'era del teatro del Sette-Ottocento, l'epoca del cinema-teatro Verdi dal 1938 alla fine degli anni Ottanta, ed il Verdi del 2000.
La ristrutturazione totale operata dall'arch. Cuzzi nel 1938, eseguita per sopperire al grave stato di degrado in cui versava il Teatro, operò una radicale modifica funzionale dell'edificio, trasformandolo in un cinema-teatro per favorire l'espressione culturale emergente dell'epoca.
Alla fine degli anni Ottanta l'Autorità comunale prendeva la decisione di restituire alla città lo spazio destinato al recupero di un'attività teatrale da troppo tempo assente.
La volontà di richiamo al passato, coniugata con l'esigenza razionale di rispettare i confini fisici dell'edificio, ha determinato la scelta definitiva: un diaframma che, nella sala, separasse e nello stesso tempo creasse continuità fra la muratura originale e il contenitore reale. Realizzato in pietra sorda, su cui si riverbera il calore del legno, esso rende scorrevole lo spazio con le sue forature rigidamente simmetriche, come moduli musicalmente ritmici.
Così, come il teatro dell'Ottocento con le nicchie dei suoi palchi e i corridoi d'accesso, anche questo teatro, pur nella semitrasparenza delle sue zone di servizio, ripropone, in diversa chiave di lettura, la continuità fra il rigido e invalicabile limite del perimetro esterno e lo spazio fruibile dal pubblico. Il movimento degradante della sala, secondo linee morbide e progressive, riprende quello del teatro del Cuzzi, ma qui esse hanno uno sviluppo ed una vitalità diversi.
Nella sala cinematografica tutto converge verso lo schermo che, nella sua rigida e tesa presenza, costituisce la quarta parete, invalicabile. Venuta meno la quarta parete, le linee direttrici convergono verso l'apertura del palcoscenico e si confondono con mille prospettive che esso può suggerire. L'espansione volumetrica è stata eseguita nel sottosuolo, dove sono stati ricavati ampi spazi funzionali all'attività della struttura.
All'interno del Teatro sono riconoscibili vari elementi di continuità formale ed estetica; poche le decorazioni, molti i tagli ed i fori che mettono in comunicazione gli ambienti, che uniscono e movimentano gli spazi di relazione, che suggeriscono di affacciarsi da un livello all'altro, che danno luminosità e trasparenza alla struttura. L'atrio d'ingresso è stato concepito come una piazzetta, dal pavimento in pastellone veneziano arricchito al centro dallo stemma della Contea di Gorizia, il quale è conservato nell'altarolo del Castello di Bruck a Lienz.
Nella sala, a dominare con discrezione il palco, emerge lo stemma in pietra del Comune di Gorizia. Materiali semplici e poveri danno un segno caratteristico a tutta l'opera: pietra sorda riveste la sala, che per caratteristiche dimensionali necessita di superfici riverberanti più che fonoassorbenti; molto legno (rovere in sala, acero nel foyer, frassino per i rivestimenti) e intonaco ruvido esternamente alla sala. Per il pubblico poltroncine in legno, con imbottitura ricoperta da velluto in cotone di color arancio bruciato. Infine, molto particolare il soffitto della sala, costituito da pannellature di gesso a doppia convessità che coniugano la leggerezza formale alle esigenze acustiche.
Dalla produzione editoriale del Centro Tradizioni di Borgo San Rocco |
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